Frase di Thea Matera
Tremante la festuca all'ombra della tesa, annotta l'emisfero di cinciallegre. Duettano trepide lanterne sulla guglia del brolo illune, s'incatenano nel dilucolo frastagli di comete, il fuso disarma l'ubbìa del rovaio, la ceppicona aureola, lo scrimolo del formicaio. Non conosco il disincaglio del naufragio, il ruglio del verso ermetico, la piegatura di parole nuove, s'annidano lepide lame di luci sui fondali. Non specchia sul mare lo svelo di róffia, di corrosi ricci si muschia il blulivio della feritoia, s'addensa l'imbrifero siderale. Si spande un silenzio di cormorani nello screzio di enervati giunchi. (The Blue Cape)
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Frasi affini
È Maggio sui roseti della chiostra, del cavedio rimurato, è Maggio sul bianco terso di risaie, sullo zincone del pesco quieto, sui crodati, sulla bussola, sul tamarillo arsato. Radiante birlo nei globuli di Andromeda il finato linum di lapislazzuli, neralbo remiga un calabrone, s'invola dal bosso di bordura. Sbiocca sul baio stelo il muzzo refolo di calathea, si sfiorano gale sul piancito, di radici nell'invaso e sul mughetto. È Maggio, annotta l'emisfero sui collinari sul fondo bigio dell'orologio, contrae l'ovale, in un'orbita sapiente, il plenilunio. (CALENDIMAGGIO)
Inserita il 02/05/2022 alle ore 13:39
Si frammentano fiocchi in sagome disformi, si forgiano colonne a ritmo lieve, ocellati gusci cavi scendono come incorporee stelle, come iota e gamma si sfa la goccia acìcula, galleggiano trine nel petto cinetico di marmo. S'increspano ghirigori brulli, la catarsi esagonale, si sfilano rami d'acquerugiola. Solenne l'abete brilla di nevischio, nello scollinare di pernici bianche, immerso in una luce d'ocra, e raggi di lumini capriolano sulla falciola adusta, ricade sul palmo rubizzo un velo di spilli ghiaccei in solidi quarzini. Si muovono invitte ombre tra lamèlle di madrèpora, fluttuano dime di carta biancofumo in un'aria di castagne e legno secco di Prugnolo selvatico, di piumaggi argentati di zìgoli. Stridono le rotaie sul pietrisco ed i vagoni rombano come tamburi nebbiati, in un lezzo di metallo, e di sfasciumi accostati ai muri scalcinati. Brulicano sentori di primevi pini nel tinnìo di stoviglie ramate, il re bianco è in arrocco sulla scacchiera, ad un passo dalla torre ferma, e sul reticolo, in lontananza, danzano bioccoli, nel riflesso concavo s'eternano disegni d'acqua, archerotipe circonvoluzioni, lepide anse, lunati bovoli. (Le Mystère Des Flocons De Neige)
Sta sul cornicione il mimo scalzo, s'arrampica alla luna lungo alzane di fiandra, cerca a tentoni la porta della notte, il pàthos di rapsodie ludiche. Piovono sassi sopra il cuore dissecca la rosa tra le labbra, l'occhiale sbilenco rifrange il pergolato. La sfera piramidale si finge in corde d'arpa, si moltiplica l'edera dans la mèmoire, il bacio breve del Coup de Thèâtre. Sorseggi l'ultimo verbo dell'Elegia kafkiana, il morfema singolare si discosta dalla scomposizione postuma della Querelle des Anciens et des Modernes, e nella feritoia estetica s'impaglia lo screzio dell'alveare. Che sia silenzio o sospensione la proporzione fra due tempi, dell'erba falciata nell'inèclos della pescaia, di pendole appoggiate alle pareti, mal s'accorda il disadorno vischio. Ti fanno strie sul capo le righe di pencole persiane, le nervature di avite case, il florilegio sui nenuferi bluastri della scacchiera, sullo strapiombo. Thea Matera (In The Shadow Of a Spider's Web)
S'è distanziata l'ombra dalla meridiana, gira sul fuso il mondo e la sua ruota, - siffatti l'àncora ed il calcagno - sulla prodaia, fissati come chiodi, flagrano capelluti sfagni. Chiude gli occhi, tutto tace, sulla provenda, plicata a dense strisce, mansueta scorre l'anima in un corpo di limace. Senza riposo rotava il chiurlo, girava sul pennone come goccio l'astrolabio, si salvò il pompelmo fra le rose, in mare aperto il periplo a levante decantava il blu di Prussia del piumaggio. Dalla sediòla scambiò per apparenza il pianto di cicale, di solito non liquefa la foglia la confidenza fatta, come un sorriso di traverso fa la pesta di caprini, dall'abbaino, in disparte, raffila un arrotino il disegno delle nasse. In crogioli e matracci distillava il senso delle cose, temperava nel piatto la sua mela, s'affacciavano nella controra, come due occhi, gli orologi, e non si sperde - dagli tempo - sconnesso il solido in due punti... scese a pennello il guscio sull'artista, la rara convinzione di fragorose nuvole, la mola che sfugge all'orma di due distinte fragole. Sa di sale - è già partita - l'onda disciolta come neve, dove la voce diventa bosco, insetto che disvuole l'acqua di garofani, mutavano le triglie nell'acquaio, la fibra dell'alga sulla scrivania. Che fine ha fatto, disteso, appollaiato sul ramo di camoscio, adiacente all'ago della bussola divorava fino all'ultima parola, semmai disfece la coerenza il polline sulla veranda, s'aggiunse pure in là della pagliola il cespo millefoglie di lattuga; chissà se il cembalista suonerà le prime sette note del notturno, accresce in lui la netta meraviglia di sfuse primavere nei bistrot, nei graffiti sulle porte dei mètro. PASCORE (Eingedenken).
Inserita il 20/03/2023 alle ore 15:32
Dove finisce la poesia non consumata, il verso non trattenuto -irrespirato cielo- la parola non compresa, l'incauta scritta in gromme di cemento; cosa rimane della poesia derisa, scostata, della poesia invenduta e le sue dune, dello scurato pregio nelle vene di pennate, nelle lamine di retinervie, di tutta questa poesia offerta in pasto alla sostanza indocile, ad aride lagnanze. Ne resta il disunito lembo di acrostici slogati in incompite cale, la digrumata stele, la spocchia decadente nel cincischìo di epigoni, nei baci di fiele disseminati sulle pagine di polvere di Poeti Scapigliati. Come chiama il poeta il profumo e la sua rosa, il tedio di giunchi assolati nei lobi di rotonde, le fulve chele di una perduta stella? Inizia in rime sciolte il pamphlet sur la revanche, la luna non è lontana ora che si discosta la marea sizigiale dai ceppi atterrati, e la notte è una stanza di carta. Stornai nientificati equivoci di voci nel diacronico deflesso che s'annida fra i pronomi, ti dimenticai nei respiri di malmostose alghe, in bisillabe disciolte nella mano dello scriba; non fu chiarore di strade il verdito mento, il tizzo rosso della chiosa. La festuglia del Fosco disarma la grafia, per poco s'intuiva la sottile allegoria, si stranisce l'òmero nel colore delle gote, ricade sul davanzale il tempo e la sua storia. Cosa rimarrà del verseggiato campo, del vùlture a perlustrare il giorno che rinasce alla poesia? ABGRUND (In fieri - La Pagina Bianca)
Inserita il 29/05/2022 alle ore 11:35
Altre frasi di Thea Matera
Andavamo, ebbre lanterne, per mostre d'arte in cerca di ludiche anticaglie, propaggini frugali, a guardare, tèndini, la piega fatalista, la miccia di frumento, la luce mutevole del pettine rado, l'assedio dell'onda di fango. Non si ravvede il canto ribelle - corde pulsum tangite - la foto strappata di un volto, il lembo dell'occhio nero a destra della luna, di lampade ad olio nella foschia di pece, un canto di nebbia di algide presenze in abito da sera. Moire gravitano sulla lama del foglio, in un'aria di fosforo limano il filo di lana sulla rotaia punta, sul contorno di balze sforbiciate di fossili alpestri, fintantocchè non giunga in limine il polso flesso. Fà che sia importante il fondo di ogni verso, ricopia ogni parola sulla campata sdrucciola, ricopri la parola da ogni lato, non perderla fra brogli d'orzo e zampe di cristelle. Il lupo fissa di lontano il paesaggio innevato e, solitario, si perde nel corrusco, dove il poeta rude zufola del croco e di noccioli nivei, e l'orologio molle mostra l'ora inerme sulla costa di tormalina. Thea Matera (Baignè par la Lumière) ©️
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Scritto da Utente anonimo
Il 11/12/2024 alle ore 14:38
Una frase che sembra una poesia
In risposta al commento di Utente anonimo
Scritto da Utente anonimo
Il 05/12/2024 alle ore 15:46
Da dove è tratta?
Tratta dalla commedia "Measure for Measure" di William Shakespeare
Dio non ha voluto popolare la Terra di stoici come Socrate, ma di uomini e cioè di esseri capaci di coraggio e al tempo stesso soggetti alla paura, esattamente come accadde al Gesù fatto uomo.
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