Frase di Thea Matera

Tremante la festuca
all'ombra della tesa,
annotta l'emisfero
di cinciallegre.
Duettano trepide lanterne
sulla guglia del brolo illune,
s'incatenano nel dilucolo
frastagli di comete,
il fuso disarma
l'ubbìa del rovaio,
la ceppicona aureola,
lo scrimolo del formicaio.
Non conosco il disincaglio
del naufragio,
il ruglio del verso ermetico,
la piegatura di parole nuove,
s'annidano lepide lame
di luci sui fondali.
Non specchia sul mare
lo svelo di róffia,
di corrosi ricci si muschia
il blulivio della feritoia,
s'addensa l'imbrifero siderale.
Si spande un silenzio
di cormorani
nello screzio di enervati giunchi.

(The Blue Cape)

Tag:NotteConoscenzaSilenzioAllegriaParole


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S'è distanziata l'ombra dalla meridiana,
gira sul fuso il mondo e la sua ruota,
- siffatti l'àncora ed il calcagno -
sulla prodaia, fissati come chiodi,
flagrano capelluti sfagni.
Chiude gli occhi, tutto tace,
sulla provenda, plicata a dense strisce,
mansueta scorre l'anima
in un corpo di limace.
Senza riposo rotava il chiurlo,
girava sul pennone
come goccio l'astrolabio,
si salvò il pompelmo fra le rose,
in mare aperto il periplo a levante
decantava il blu di Prussia del piumaggio.
Dalla sediòla scambiò per apparenza
il pianto di cicale, di solito non liquefa la foglia la confidenza fatta,
come un sorriso di traverso
fa la pesta di caprini,
dall'abbaino, in disparte,
raffila un arrotino il disegno delle nasse.
In crogioli e matracci
distillava il senso delle cose,
temperava nel piatto la sua mela,
s'affacciavano nella controra,
come due occhi, gli orologi,
e non si sperde - dagli tempo -
sconnesso il solido in due punti...
scese a pennello il guscio sull'artista,
la rara convinzione di fragorose nuvole,
la mola che sfugge all'orma
di due distinte fragole.
Sa di sale - è già partita - l'onda disciolta come neve, dove la voce diventa bosco, insetto che disvuole l'acqua di garofani,
mutavano le triglie nell'acquaio,
la fibra dell'alga sulla scrivania.
Che fine ha fatto, disteso,
appollaiato sul ramo di camoscio,
adiacente all'ago della bussola
divorava fino all'ultima parola,
semmai disfece la coerenza
il polline sulla veranda,
s'aggiunse pure in là della pagliola
il cespo millefoglie di lattuga;
chissà se il cembalista suonerà
le prime sette note del notturno,
accresce in lui la netta meraviglia
di sfuse primavere nei bistrot,
nei graffiti sulle porte dei mètro.

PASCORE
(Eingedenken).

Inserita il 20/03/2023 alle ore 15:32

Dove finisce la poesia non consumata, il verso non trattenuto -irrespirato cielo- la parola non compresa, l'incauta scritta in gromme di cemento; cosa rimane della poesia derisa, scostata, della poesia invenduta e le sue dune, dello scurato pregio nelle vene di pennate, nelle lamine di retinervie, di tutta questa poesia offerta in pasto alla sostanza indocile,
ad aride lagnanze.
Ne resta il disunito lembo di acrostici slogati in incompite cale, la digrumata stele, la spocchia decadente nel cincischìo di epigoni, nei baci di fiele disseminati sulle pagine di polvere di Poeti Scapigliati.
Come chiama il poeta il profumo e la sua rosa, il tedio di giunchi assolati nei lobi di rotonde, le fulve chele di una perduta stella?
Inizia in rime sciolte il pamphlet sur la revanche,
la luna non è lontana
ora che si discosta la marea sizigiale dai ceppi atterrati,
e la notte è una stanza di carta. Stornai nientificati equivoci di voci nel diacronico deflesso
che s'annida fra i pronomi,
ti dimenticai nei respiri di malmostose alghe,
in bisillabe disciolte nella mano dello scriba;
non fu chiarore di strade il verdito mento, il tizzo rosso della chiosa.
La festuglia del Fosco disarma
la grafia, per poco s'intuiva la sottile allegoria, si stranisce l'òmero nel colore delle gote, ricade sul davanzale il tempo e la sua storia.
Cosa rimarrà del verseggiato campo, del vùlture a perlustrare il giorno che rinasce alla poesia?


ABGRUND
(In fieri - La Pagina Bianca)

Inserita il 29/05/2022 alle ore 11:35

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