Frase di Thea Matera
Tra ruderi intatti e gusci bianchi di folte vigne fioriscono le crepe denudate, dissolvono le terminate rùggie. Nel ghiribizzo di magnolie, nella mèstica di rose su tovaglie disadorne, brillano resupini gambi di grafite in ceste di panaie, riemergono lamine di berillio in serti di viole, ravviano gerle di pane, le pregiate porcellane, nello zendale ampio di asperèlle e tulipani. Nei vialetti di foglie si disfano trame di corvi dopo il fuoco del tramonto, il pomo corvino ricade fra minuzzoli di lana, e la maglia lisa profuma di lavanda, di marsiglia nei cassetti e sui guanciali, come un tempo i panni nei lavatoi, le stoffe di seta e di cotone delle spose. Nel rezzo salmastro di fogliami mi sfiora le mani un compìto cenno, si spalanca sul petto di campi verditi un giaciglio di Mimose. (LA COSTANTE DELLA MIMOSA) 8 Marzo, FESTA DELLA DONNA
Inserita il 08/03/2022 alle ore 19:31
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Frasi affini
Pane, Sacra Luce, Pane Santo che ravvede e schiara, Pane antico, fra braccia sopraffatte di contadini scalzi, nei campi giugnoli profusi di spighe e fiordalisi. Pane nero, tra mani grinze imbianchite di farina, di donne pavorose in frusti scialli. Pane amaro, brucia il sale dell'impasto sopra il cuore, mestato pane d'orzo, implorato pane secco, nei sacchi scabri di mandorle verdi. Thea Matera ©️ (PANE NOSTRO)
Si frammentano fiocchi in sagome disformi, si forgiano colonne a ritmo lieve, ocellati gusci cavi scendono come incorporee stelle, come iota e gamma si sfa la goccia acìcula, galleggiano trine nel petto cinetico di marmo. S'increspano ghirigori brulli, la catarsi esagonale, si sfilano rami d'acquerugiola. Solenne l'abete brilla di nevischio, nello scollinare di pernici bianche, immerso in una luce d'ocra, e raggi di lumini capriolano sulla falciola adusta, ricade sul palmo rubizzo un velo di spilli ghiaccei in solidi quarzini. Si muovono invitte ombre tra lamèlle di madrèpora, fluttuano dime di carta biancofumo in un'aria di castagne e legno secco di Prugnolo selvatico, di piumaggi argentati di zìgoli. Stridono le rotaie sul pietrisco ed i vagoni rombano come tamburi nebbiati, in un lezzo di metallo, e di sfasciumi accostati ai muri scalcinati. Brulicano sentori di primevi pini nel tinnìo di stoviglie ramate, il re bianco è in arrocco sulla scacchiera, ad un passo dalla torre ferma, e sul reticolo, in lontananza, danzano bioccoli, nel riflesso concavo s'eternano disegni d'acqua, archerotipe circonvoluzioni, lepide anse, lunati bovoli. (Le Mystère Des Flocons De Neige)
Dove finisce la poesia non consumata, il verso non trattenuto -irrespirato cielo- la parola non compresa, l'incauta scritta in gromme di cemento; cosa rimane della poesia derisa, scostata, della poesia invenduta e le sue dune, dello scurato pregio nelle vene di pennate, nelle lamine di retinervie, di tutta questa poesia offerta in pasto alla sostanza indocile, ad aride lagnanze. Ne resta il disunito lembo di acrostici slogati in incompite cale, la digrumata stele, la spocchia decadente nel cincischìo di epigoni, nei baci di fiele disseminati sulle pagine di polvere di Poeti Scapigliati. Come chiama il poeta il profumo e la sua rosa, il tedio di giunchi assolati nei lobi di rotonde, le fulve chele di una perduta stella? Inizia in rime sciolte il pamphlet sur la revanche, la luna non è lontana ora che si discosta la marea sizigiale dai ceppi atterrati, e la notte è una stanza di carta. Stornai nientificati equivoci di voci nel diacronico deflesso che s'annida fra i pronomi, ti dimenticai nei respiri di malmostose alghe, in bisillabe disciolte nella mano dello scriba; non fu chiarore di strade il verdito mento, il tizzo rosso della chiosa. La festuglia del Fosco disarma la grafia, per poco s'intuiva la sottile allegoria, si stranisce l'òmero nel colore delle gote, ricade sul davanzale il tempo e la sua storia. Cosa rimarrà del verseggiato campo, del vùlture a perlustrare il giorno che rinasce alla poesia? ABGRUND (In fieri - La Pagina Bianca)
Inserita il 29/05/2022 alle ore 11:35
Si guardavano l'un l'altro, si carezzavano, si palpavano in tutte le parti della persona, si baciavano negli occhi, e nella faccia, e nel petto, e nel ventre, e nelle cosce, e nei piedi che parevano d'argento: poi si stringevano forte, e si avviticchiavano, e uno metteva la lingua nella bocca dell'altro, e così suggevano il nettare degli Dei, e stavano lungo tempo a suggere quel nettare: ed ogni tanto smettevano un pò e sorridevano, e si chiamavano a nome, e poi nuovamente a stringere il petto al petto e suggere quella dolcezza. E non contenti di stringersi cosi petto a petto l'uno abbracciava l'altro a le spalle, e tentava di entrare fra le belle mele, ma l'altro aveva dolore, e quei si ritraeva per non dare dolore al suo diletto.
Altre frasi di Thea Matera
Il sole gettato nel buio d'acqua cosmica genera sempiterni circoli, orbitano in ordinate ellissi astri d'ogni forma e luce, il suono si propaga, tace. Un tempo spezzavamo le fionde di festanti cacciatori, fuggivamo fra sassaie lisce come perle, fra cedri accesi come stelle, fra suoni di buccine, urtando le parole sopra i righi, il bagliore negli occhi di un cerbiatto. "Tempus Fugit" fra rette intersecate, grandi cappelli e bianche vesti di vapore, finisce gli orci sbeccati, s'insinua negli intrecci di vimini. (Tempus Fugit)
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Scritto da Utente anonimo
Il 25/06/2024 alle ore 17:07
Verissimo
Scritto da
Tellina
Il 09/06/2024 alle ore 06:50
È vero, per questo non dobbiamo mai far morire il bambino che è dentro ognuno di noi, così come loro, anche noi avremo una vita a colori.
Scritto da
Monica
Il 06/06/2024 alle ore 10:56
Una divertente metafora per ricordarci di non farci schiacciare dalle avversità e essere sempre pronte a lottare per ciò che vogliamo.
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