Frase di Thea Matera
Un libro di versi s'acquista forse per curiosità, o per diletto, ancor più per una bella copertina, occasionale riflessione sul tema- la poesia è ciò che annoia e non ristora- un tecnico quanto inesorabile tourbillon d'improduttivi versi e rime da scolaretti, insensatezze poco importanti. Sicuramente una nuova raccolta di poesie non fa la differenza e, con buona probabilità, a pochi, o nessuno, interesserà la profusione di parole scritte in bella copia. La poesia intimorisce - la parola ci attraversa - la poesia non è lettura complicata, è parte del vento, come la musica, non lontana dal nostro caffè nero, dal tempo che ci piega, dall'occhio ancora stretto dalla notte, dall'angolo violaceo del pc acceso, dalla disutile conversazione che accende il giorno d'apparenti attese. La poesia decanta la stagione che c'involge e ci foggia, non si defila dalla sostanza delle cose- oralità desueta- non è gassosa percezione di smorte voci che tornano da passati muffi di zavorre, l'ambage che ristagna sulle forme e si fa polvere della ragione. Il Poeta non ama sostare sotto i riflettori, non giunge ad alcun traguardo, non è un numero, il punto o la virgola, il rudimento automatista, non il triste clown della foto in bianco e nero, inconsapevole oblio dell'opera a stampa... la fama è un'ombra che appiattisce. POÈTES, DANSEURS REBELLES SOUS LA PLUIE.
Inserita il 31/07/2023 alle ore 11:59
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Frasi affini
Dove finisce la poesia non consumata, il verso non trattenuto -irrespirato cielo- la parola non compresa, l'incauta scritta in gromme di cemento; cosa rimane della poesia derisa, scostata, della poesia invenduta e le sue dune, dello scurato pregio nelle vene di pennate, nelle lamine di retinervie, di tutta questa poesia offerta in pasto alla sostanza indocile, ad aride lagnanze. Ne resta il disunito lembo di acrostici slogati in incompite cale, la digrumata stele, la spocchia decadente nel cincischìo di epigoni, nei baci di fiele disseminati sulle pagine di polvere di Poeti Scapigliati. Come chiama il poeta il profumo e la sua rosa, il tedio di giunchi assolati nei lobi di rotonde, le fulve chele di una perduta stella? Inizia in rime sciolte il pamphlet sur la revanche, la luna non è lontana ora che si discosta la marea sizigiale dai ceppi atterrati, e la notte è una stanza di carta. Stornai nientificati equivoci di voci nel diacronico deflesso che s'annida fra i pronomi, ti dimenticai nei respiri di malmostose alghe, in bisillabe disciolte nella mano dello scriba; non fu chiarore di strade il verdito mento, il tizzo rosso della chiosa. La festuglia del Fosco disarma la grafia, per poco s'intuiva la sottile allegoria, si stranisce l'òmero nel colore delle gote, ricade sul davanzale il tempo e la sua storia. Cosa rimarrà del verseggiato campo, del vùlture a perlustrare il giorno che rinasce alla poesia? ABGRUND (In fieri - La Pagina Bianca)
Inserita il 29/05/2022 alle ore 11:35
Una stanza. Una valigia lilla ed una raspa, ricadente mandorla - una sacca - l'ombra di gigli sull'attaccapanni, fa un cappotto d'incerati trucioli la notte. Nello specchio una stanza. Ha due porte, improbabili comparti, in due metà si scinde il trompe l'œil dei giardini di Bordeaux, rallumina il vecchio poster de Le Procope nel cigolio di porticine, nell'occhio fisso di stupore un chiodo viola regge un quadro di scarlatti, solidago un vaso di puntine. ... Sul chiavistello s'impaura, pallido geco, del vuoto della parola che trabocca, di sogni e mete trafitti da un inganno, ciò che ristagna - opalescenza - in una coppa di vestigia, a mezza voce, di finestre cieche, smesse cartografie sulle vetrate degli Atenei. Una linea s'infittisce sul vizio della serratura - fascio di luce in una tazza di caffè - risplendono di una bellezza resa le fave sui tavoli ed il pane, al centro dell'aura sul davanzale - raggiato faro di legno - fa da sipario agli assecchiti vanni l'ansa poco illuminata, lo sgocciolìo della fruttiera ritaglia sul velario una ciliegia blu sullo stuoino. (STIMMUNG - I Parte).
Inserita il 07/07/2023 alle ore 12:15
Carteggi Perpendicolari è un'originale silloge poetica che appare, nel suo insieme, elegante movimento di immagini sfocate, stilizzate metafore, una poetica che si apre su una vastità di emozioni impalpabili, minutamente cesellate in intellegibili fermoimmagine; una raccolta di versi criptica, surreale, in cui tracce ermetiche si fondono a frammenti di memoria, evocati dal suono del mare che irrompe e riveste di nuova luce la radura desolata, del vento, di alberi frondosi, di vie riposte, sconfinate piazze avvolte dai colori stesi di cieli accesi, di albe accecanti, di profumi che riempiono le stanze. Singolare lettura della realtà, a tratti visionaria, dove lampi di astrattismo trasformano volti, paesaggi, i contorni netti dello spazio esterno sul fil rouge di dimensioni oniriche; una scrittura estemporanea, sperimentale sentiero traversato da silenzi, dalla luce del Creato, sottili geometrie. La poesia diventa tenace gancio, la pausa, pura espressione di paesaggi incontaminati dell'anima, l'abbraccio che trattiene e salva, che accarezza e schiude l'anima, nel movimento difforme del tempo e dello spazio. I colori del mondo nutrono il cuore in una dimensione di pace, di profonda connessione con la natura, la musica sospinge vele annodate, la quiete disseta il pensiero, placa le voci di città sonnolenti, la vile impazienza, i voli declinanti. La parola è il dono corallino, lo sprazzo puro, la spontaneità del verso, il guizzo oltre il margine del rigo.
Inserita il 23/04/2022 alle ore 15:30
Un'anima sostava sulla riva di spinose pendole a Longchamp in uno sparto covile d'acquaragia, d'oro fino l'intaglio delle nubi la paglietta d'uva spina, trasverso il giorno d'apparenti opali, le vocali. Non riguarda il nuvolo lo strabo verbis di Monna Lisa, a filet il crochet rammaglia antichi fazzoletti ora che la luce urta nei Cahiers il diametro dei piedi sulla fune, del Louvre s'affinano i contorni il rodio nebbiore dell'elmo dètraquè, la crepa di ceramica che turba il nigello paravento. Misura un quarto di bottoni se con l'algebra e l'imbuto fa un comparto di mattoni, la curvatura del numero tre dimezza l'otto nella forma, subduce 8½ allo spiegone di voci avvolte nel ginepraio; ebriato, come al circo, Janvier balla il tip-tap, sulla suola di lapazio di un clown sul trapezio bine ripiegano le stuoie. Si stacca l'arancia dall'Aeglos, insino il frullo d'ali dell'aiglon malioso lameggia dalla latebra. (OuLiPo)
Inserita il 10/09/2022 alle ore 09:00
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Scritto da Utente anonimo
Il 25/06/2024 alle ore 17:07
Verissimo
Scritto da
Tellina
Il 09/06/2024 alle ore 06:50
È vero, per questo non dobbiamo mai far morire il bambino che è dentro ognuno di noi, così come loro, anche noi avremo una vita a colori.
Scritto da
Monica
Il 06/06/2024 alle ore 10:56
Una divertente metafora per ricordarci di non farci schiacciare dalle avversità e essere sempre pronte a lottare per ciò che vogliamo.
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